I batteri “cattivi” tra le cause del tumore al colon
Si chiamano S. intermedius,G. haemolysans, B.fragilis, E.coli e F.nucleatum e possono avere un effetto pro-carcinogenico, favorendo nel tempo la trasformazione neoplastica.
Sono i cosiddetti batteri “cattivi”: i ricercatori del CEINGE hanno scoperto che nell’intestino sono tra le cause del tumore del colon retto (CRC), uno tra i più comuni nei paesi occidentali, in Italia rispettivamente il secondo (tra i maschi) e il terzo (tra le femmine), tra le più frequenti cause di morte per neoplasia.
Tra i fattori di rischio per tale neoplasia la dieta, il fumo, l’alcool, l’obesità ed anche il microbiota intestinale. Ed è proprio su quest’ultimo che si sono soffermati gli studiosi, guidati da Lucia Sacchetti, professore di Biochimica clinica (Federico II) e Principal Investigator CEINGE. Le ricerche su soggetti affetti da CRC a diversi stadi hanno rivelato, infatti, che nel microbioma del colon tali batteri aumentano in modo significativo, sia nel tessuto neoplastico che nel tessuto fiancheggiante senza lesione. Tale fenomeno avviene prevalentemente tramite meccanismi di tipo infiammatorio. In particolare, è stato riscontrato che il F.nucleatum aumenta precocemente nei soggetti obesi.
E non è tutto. In linea con tale ipotesi, i ricercatori hanno anche osservato nel sangue dei soggetti con CRC, a vari stadi, valori significativamente più elevati di una citochina infiammatoria, la CCL2 (chemokine C-C motif ligand 2), prodotta nel corpo umano da varie cellule (tumorali ma anche adipociti), fenomeno correlato con l’incremento dei batteri “cattivi”.
«L’insieme di trilioni di microbi che popolano il nostro intestino, in simbiosi con il nostro organismo, svolge importanti funzioni atte a garantire sia l’integrità della barriera intestinale che, in generale, il nostro stato di salute – spiega Lucia Sacchetti –. Alterazioni del microbiota intestinale sono presenti in numerose patologie metaboliche, tra cui l’obesità, disordini autoimmuni e in diverse neoplasie. Il nostro studio, è molto importante in termini di diagnosi precoce che avviene attraverso la colonscopia ma anche attraverso marcatori diagnostici. Quello che abbiamo scoperto può contribuire al processo diagnostico-terapeutico del CRC».
«Il dosaggio nel sangue della citochina CCL2, già descritta in altri tumori in associazione alla progressione neoplastica, se i nostri risultati saranno confermati in coorti diverse anche più ampie di pazienti – aggiunge la Sacchetti – potrebbe rappresentare un ulteriore marcatore diagnostico per il tumore del colon-retto, specie per l’eventuale sua precocità che è già in corso di valutazione, ed altresì un potenziale target terapeutico per il trattamento di tale neoplasia».
Il lavoro è stato pubblicato su International Journal of Molecular Sciences* e si è avvalso della collaborazione con l’immunologo Giuseppe Matarese, i chirurghi Francesco Corcione, Giovanni De Palma (Università Federico II) e Vincenzo Pilone (Università di Salerno), con gruppo interno al CEINGE guidato da Franco Salvatore, biochimico, emerito dell’Università Federico II, con Ilaria Granata (CNR), nell’ambito della “Task Force on Microbiome studies” (Università Federico II).
Le ricerche sono state sostenute da SATIN (Fondo POR Campania FESR 2014/2020, DD n. 355 del 5/06/2017), progetto finanziato dalla Regione Campania.