COVID 19, possibile legame tra varianti genetiche e infezioni
Sono i primi risultati dello studio di Genetica del progetto TASK FORCE CEINGE per COVID-19
È noto che l’infezione da SARS-CoV-2 avviene a causa di un meccanismo molecolare nel quale il virus utilizza la proteina ACE2, codificata dall’omonimo gene, come recettore di ingresso nella cellula e la proteina TMPRSS2, codificato dall’omonimo gene, per l’adescamento della proteina Spike, che determina il legame del virus con la cellula. I ricercatori del CEINGE si sono soffermati sul gene TMPRSS2 e hanno osservato che presenta una variante genetica che ha una frequenza molto più bassa nella popolazione del Sud-Est Asiatico rispetto a quella degli Africani, Europei, e Latini.
Questo risultato è stato reso possibile grazie all’analisi di un enorme database di dati genomici. Gli studiosi hanno esaminato le varianti genetiche di 141.456 soggetti sani appartenenti a 17 diverse popolazioni tra le quali Africani, Europei, Asiatici e Latini. I risultati di questo lavoro, pubblicati sulla rivista Frontiers in Genetics, dimostrano che la variante genetica di TMPRSS2, gene responsabile dell’entrata del virus SARS-CoV-2 nelle cellule, è maggiormente frequente nelle popolazioni di Africa, Europa e Paesi latini. E non è tutto. Con grande sorpresa, infatti, i ricercatori hanno anche osservato che tale variante genetica ha un ruolo funzionale nel polmone perché è in grado di alterare sia l’espressione del gene TMPRSS2, che la generazione di un’isoforma di un altro gene, l’MX1, conosciuto come inibitore dei processi replicativi di molti virus (da quello della “semplice” influenza, a quello causativo dell’Epatite C). Questi risultati suggeriscono che la suscettibilità all’infezione potrebbe essere determinata da fattori genetici ereditari.
Gli ideatori dello studio, Mario Capasso (professore associato di Genetica Medica dell’Università degli Studi di Napoli Federico II e Principal Investigator del CEINGE), Roberta Russo (Biologa ricercatrice di Genetica Medica dell’Università degli Studi di Napoli Federico II) e Immacolata Andolfo, (Biologa ricercatrice del CEINGE), sulla base di questi dati, ipotizzano che la suscettibilità alla malattia e la sua gravità possano essere influenzate dal livello di espressione di TMPRSS2 e MX1 che è determinato dalla costituzione genetica dell’individuo. «Lo studio di un numero sempre più ampio di dati genomici – spiega Mario Capasso –, analizzati grazie al lavoro di esperti in Bioinformatica, come Alessandro Lasorsa (dottorando della Federico II) che ha partecipato allo studio, potrà contribuire a conoscere meglio i processi biologici che sono alla base dell’infezione da SARS-CoV-2».
Questo studio è il punto di partenza di un progetto scientifico più ampio, avviato dalla task force COVID-19 del CEINGE: «Il progetto è articolato in tre macro-aree: diagnostica, genetica e terapia - spiega l’Amministratore delegato del CEINGE, Mariano Giustino -. Abbiamo messo in campo tutte le conoscenze di genetica maturate grazie agli studi sulle malattie rare, neurologiche e oncologiche, unite alle tecnologie di sequenziamento del genoma umano che abbiamo a disposizione nei nostri laboratori».
«Tra i vari obiettivi, c’è quello di capire se l’eterogeneità della manifestazione clinica nella malattia COVID-19, che va da una condizione di totale assenza di sintomi (positivi asintomatici) alla presenza di sintomi influenza-like, fino alla forma grave di polmonite interstiziale, sia dovuta in parte ad alcune mutazioni genetiche del paziente», chiarisce Achille Iolascon, ordinario di Genetica Medica dell’Università degli Studi di Napoli Federico II e Principal Investigator del CEINGE.