Ardem Patapoutian, Nobel per la Medicina, dal 2017 collabora in Italia con CEINGE
È una collaborazione intensa, quella che lega il laboratorio del Nobel Ardem Patapoutian, nell'istituto californiano Scripps, e i laboratori del CEINGE-Biotecnologie avanzate e dell'Università Federico II, sull'altra riva dell'Atlantico.
Ardem Patapoutian, biologo statunitense di origini armeno-libanesi, ha appena ricevuto il premio Nobel per la medicina nel 2021 assieme a David Julius, "per le scoperte sui recettori per la temperatura e il tatto".
«È una storia cominciata molti anni fa, quando in collaborazione con un gruppo di ricerca britannico avevo individuato una nuova malattia, una forma di anemia chiamata stomacitosi», dice all'ANSA Achille Iolascon, docente di Genetica medica presso il Dipartimento di Medicina Molecolare e Biotecnologie Mediche dell'Università Federico II, Principal Investigator del CEINGE e presidente della Società Italiana di Genetica Umana (SIGU). «Ci ho messo 15 anni a trovare il gene e quando l'ho identificato ho visto che era Piezo1», lo stesso che contemporaneamente aveva scoperto Patapoutian nella sua caccia alle molecole importanti per le sensazioni di caldo, freddo e dolore.
Da lì è partita la collaborazione, ha coinvolto direttamente Immacolata Andolfo, una giovane ricercatrice del gruppo di Iolascon sia alla Federico II che al CEINGE. Nel dicembre 2020 ha firmato con Patapoutian un articolo scientifico sulle mutazioni del gene Piezo1 come fattori di rischio del sovraccarico di ferro. È una collaborazione nata nel 2017 e che, a causa della pandemia di Covid-19, si è sempre svolta a distanza, per email o con collegamenti in video su Skype. «È sempre stato molto cordiale, come tutti i ricercatori americani è molto alla mano, collaborativo e pratico: siamo entrati subito nel vivo e abbiamo cominciato a programmare esperimenti sul gene Piezo1». Dopo i primi risultati pubblicati nel dicembre scorso la ricerca va avanti e «il prossimo obiettivo è capire meglio i meccanismi di attivazione del carico di ferro e individuare nuovi bersagli terapeutici», ha detto Andolfo. «Avremmo dovuto andare nel laboratorio di Patapoutian a fine 2020, speriamo di poter andare l'anno prossimo».