Le ricercatrici del CEINGE come Mary E. Holland, la prima detective delle impronte digitali
A Città della Scienza nel week end dedicato alle donne sarà ricostruita la cena del crimine
È stata la prima donna della storia ad utilizzare le impronte digitali per smascherare i criminali. Era l’inizio del ‘900 quando Mary E. Holland, una detective americana, diventò una dei massimi esperti per la classificazione delle impronte digitali negli Stati Uniti.
E sarà proprio un gruppo di donne ricercatrici, del laboratorio-facility di Proteomica CEINGE, ad accompagnare in un affascinante viaggio nelle scienze forensi il pubblico presente a Città della Scienza nel week end dedicato al gentil sesso. Attraverso una perfetta ricostruzione della scena del crimine, le ricercatrici mostreranno le metodologie più innovative, come le analisi dei reperti mediante metodologie avanzate di spettrometria di massa, che consentono agli investigatori la caratterizzazione dettagliata della scena del crimine a partire da tracce raccolte, perfino in quantità infinitesimali.
L'esperienza consisterà nel risolvere un delitto immaginario partendo dall'osservazione della scena del crimine, seguita poi dalla repertazione delle tracce chimiche e biologiche e la loro successiva analisi. I partecipanti, come dei veri agenti di polizia scientifica, indosseranno camice, guanti, mascherina e raccoglieranno tutti i reperti presenti. Si procederà poi all’estrazione e al DNA fingerprinting.
«Negli ultimi decenni il legame tra le indagini forensi e le discipline scientifiche, come la Chimica e la Biologia, si è enormemente rafforzato – spiega Flora Cozzolino, ricercatrice del Dipartimento di Scienze Chimiche UNINA e del gruppo CEINGE guidato dal professor Piero Pucci al CEINGE –. L’investigazione sulla scena del crimine consente di repertare le tracce chimiche e biologiche presenti quali DNA, fluidi biologici, droghe, polvere da sparo e impronte digitali. In particolare, il DNA e le impronte digitali sono unici per ogni individuo e rappresentano una specie di "fotografia" della singola persona. La loro analisi viene impiegata soprattutto come mezzo di riconoscimento personale per identificare criminali o in genere autori di un reato. La prima volta che la prova del DNA fu usata in indagini forensi per la condanna dell’autore di un crimine fu nel 1980 a Narborough, in Inghilterra, ma molti anni prima l’attività di Mary E. Holland determinava i primi casi di condanna negli Stati Uniti mediante l’identificazione dell’autore del reato con il fingerprinting».
«I partecipanti avranno l'opportunità di essere protagonisti di eventi finora vissuti solo da spettatori di fiction televisive - aggiunge Piero Pucci - e potranno constatare le differenze tra realtà scientifica e finzione cinematografica, potendo comunque apprezzare lo sviluppo tecnologico delle metodologie analitiche avanzate nel campo delle Scienze Forensi».