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News - 22/01/2021

SARS CoV-2, come cambia il virus

L'intervento del Prof. Ettore Capoluongo

Ordinario di Biochimica Clinica e Biologia Molecolare Clinica dell’Università Federico II di Napoli

Membro della Task Force Covid19 del CEINGE- Biotecnologie avanzate di Napoli

Componente dell'Expert panel on medical devices and in vitro diagnostics (‘Expamed’) presso la Commissione Europea

 

«In generale l’omologia di sequenza tra il SARS-CoV-2 (COVID-19) e gli altri coronavirus (SARS-CoV-1 e BatCoV RaTG13) è di circa l’80%: non sono riportati eventi di ricombinazione tra questi virus. Ciononostante, l’affinità di legame della proteina Spike (S) di SARS-CoV-2 al recettore ACE2 è 10 volte più forte del SARS-CoV-1.

Va sottolineato che a replicazione dell’RNA è circa mille volte più soggetta ad errori rispetto a quella del DNA, per la mancanza di meccanismi di correzione. I coronavirus cambiano continuamente le loro strutture tramite varianti generate da fenomeni di mutazione, delezione e/o inserzione. La regione genomica che varia maggiormente in SARS-CoV e SARS-CoV-2 è quella del dominio di legame del recettore (RBD) nella proteina S e alcune posizioni in questa sequenza proteica potrebbero essere correlate alla selezione positiva del virus. Per la sola proteina S sono state descritte circa 222 mutazioni, mentre per quelle del rivestimento del virus (envelope) circa 94: la maggiore frequenza di varianti nel dominio RBD della proteina S indicherebbe che esso è molto variabile in quanto responsabile del legame al recettore cellulare dell’ospite. L'elevata variabilità riscontrata negli isolati di SARS-CoV-2 rende necessario farci capire se tali varianti abbiano un ruolo nella patogenicità di SARS-CoV-2, sia per meglio comprendere i meccanismi di infezione che per favorire lo sviluppo di nuove terapie e vaccini.

SARS-CoV-2 si è diffuso per lo più ovunque a livello globale molto rapidamente principalmente a causa degli spostamenti e dei viaggi. Grazie al rafforzamento delle campagne di sequenziamento in alcune nazioni europee, sono state isolate diverse nuove varianti nel genoma virale durante la rapida diffusione della malattia in diversi continenti. Gli studi correnti sull'evoluzione virale indicano che la deriva genetica (modifiche nel genoma virale) è dovuta prevalentemente a delezioni genomiche, che in genere attenuano quasi inevitabilmente la patogenicità dei virus in un tempo sufficientemente adatto alla realizzazione di tali effetti. Questo porta inevitabilmente alla contemporanea circolazione di virus maggiormente infettanti rispetto a ceppi “attenuati: pertanto, la concorrenza di varianti e non attenuate di SARS-CoV-2 può spiegare alcune particolarità nel corso dell'epidemia in diverse regioni del mondo, come una diversa mortalità a fronte di un maggiore indice di contagio. La variante chiamata VUI202012/01 (Variant Under Investigation, anno 2020, mese 12, variante 01) riscontrata in Gran Bretagna risulterebbe associata ad una maggiore trasmissibilità (fino al 70% di incremento). La deriva antigenica può verificarsi a seguito dell'accumulo di diverse mutazioni del virus durante i focolai stagionali che aiuta il virus a sopravvivere grazie al processo di selezione naturale come è naturale che avvenga per i virus influenzali. E’ pertanto necessario monitorare le mutazioni nel genoma del virus nella proteina spike che ha direttamente un ruolo nel legare e infettare la cellula.

Tra le diverse ipotesi circa l’incremento delle varianti, troviamo: a) il persistere delle infezioni in particolari soggetti con ridotta immunocompetenza potrebbe aumentare la persistenza del virus e incrementare il tasso di mutazione; b) i processi di adattamento di un virus a una diversa specie animale suscettibile, con ritrasmissione da animale a uomo (come accaduto in Danimarca, con la identificazione di una variante multipla di spike responsabile delle trasmissione tra i visoni); c) lo bassa attività di sequenziamento del virus in alcuni paesi che non consente di identificare le nuove varianti, se non solo dopo un  nuovo picco o un nuovo cluster.

E’ indubbio come finora, anche in Italia, gli sforzi destinati all’analisi di sequenziamento di SARS-CoV-2 non abbiano seguito programmi sistematici e strutturati di tracciabilità dell’evoluzione del virus sui campioni biologici analizzati nelle diverse aree del paese: abbiamo effettuato milioni di tamponi in Italia, con un numero limitato di sequenziamenti (anche perché tale procedura risulta significativamente più costosa in termini di metodologie e di qualificazione del personale da destinare a tali attività). Gli sforzi profusi finora per il sequenziamento, probabilmente, sottostimano l'emergere di varianti SARSCoV-2, limitando l’inquadramento complessivo dell’evoluzione molecolare della pandemia da SARS-CoV-2. La maggior parte degli isolati che sono stati analizzati derivano da individui sottoposti  a cure mediche:  quindi, è improbabile che su un virus isolato da soggetto sintomatico ed ospedalizzato, possano essere stati isolati ceppi virali con ridotta virulenza, come quelle che potrebbero circolare nella grossa quota di individui infetti ma che rimangono asintomatici. Se esistono particolari varianti virali legate a vari livelli di attenuazione del virus (o aggressività), tali risultati avrebbero implicazioni per la diagnostica, la prognosi, la gestione della malattia e, infine, per il le politiche di gestione della pandemia. La maggior parte delle mutazioni sembra avere  importanza dal punto di vista clinico ed epidemiologico, ma alcune varianti sembrano influenzarne esclusivamente la facilità di diffusione.

Lo sviluppo dei vaccini si basa principalmente sulla proteina spike e questo ha lo scopo di produrre anticorpi contro spike o altre proteine di superficie per neutralizzare i virus stesso: conoscere gli effetti di tali varianti sull’efficacia vaccinale è una delle maggiori sfide cui la comunità scientifica è chiamata a rispondere».

 

Rassegna Stampa